di Daniele Mesaroli

Identità e processo di socializzazione

Un elemento determinante per la formazione dell’identità individuale è il processo di socializzazione.

La socializzazione indica appunto il processo attraverso cui avviene la trasmissione culturale tra individui e mediante il quale i nuovi nati diventano membri della società. Il patrimonio culturale di cui stiamo parlando non è qualcosa di semplice, omogeneo e stabile; di esso fanno parte tutti quei valori, norme, conoscenze, ecc… che consentono alla società di esistere, di adattarsi al suo ambiente esterno e di modificare a sua volta se stessa e il suo ambiente.


La formazione dell’individuo attraverso il  patrimonio genetico ed eventi culturali

La domanda che però può sorgere è la seguente: “in che misura il patrimonio accumulato dall’umanità nel corso della sua lenta e lunga evoluzione viene trasmesso alle nuove generazioni sotto forma di informazioni genetiche e in che misura, invece, deve essere appreso nel corso del processo di socializzazione?”

A tal proposito l’etologia può dare un aiuto. Quando si osserva un ragno che tesse la sua tela o uno sciame d’api che costruisce il suo alveare il comportamento di questi animali sembra essere chiaramente dettato dal loro istinto e quindi le informazioni trasmesse per via genetica. Tuttavia anche gli animali sono capaci di apprendere, far proprie delle informazioni; pensiamo ad esempio alle “Skinner box, agli esperimenti sui topi o animali di piccola taglia che attraverso una serie di rinforzi positivi o negativi apprendono un comportamento (il topo che apprende il comportamento corretto per arrivare al cibo). La differenza fondamentale tra gli animali e l’uomo consiste nel fatto che l’uomo ha una capacità di apprendimento decisamente maggiore alla quale si accompagna una dotazione istintuale assai meno specifica. Quando nascono, i neonati della specie umana sono in grado soltanto di piangere, respirare, dormire e succhiare. La loro dotazione istintuale si limita a queste capacità necessarie, ma non sufficienti, per garantire loro di sopravvivere in autonomia. E’ infatti indispensabile che qualcuno si prenda cura del neonato per un periodo relativamente lungo. Varie capacità, come ad esempio la posizione eretta, l’afferrare oggetti con le mani, emettere suoni articolati ecc…,sono contenute potenzialmente nel feto e si sviluppano gradualmente nel corso del processo di crescita dell’organismo tuttavia non rappresentano un dato puramente biologico, ma delle semplici potenzialità che hanno bisogno di essere attivate da un processo di socializzazione. Questo processo interviene per modificare, favorire o ostacolare il processo di crescita e anche se si potesse accertare con esattezza la composizione genetica di un feto non si sarebbe in grado di prevedere solo su quella base il suo sviluppo futuro. Si può quindi affermare che la dotazione genetica originaria condiziona, ma non determina, lo sviluppo delle capacità individuali. Per citare un esempio la comparsa delle mestruazioni viene interpretata in modi radicalmente diversi nelle varie culture e questo fatto produce effetti diversi sullo sviluppo psicosessuale della donna. Gli stessi “eventi biologici” assumono quindi significati e danno luogo a pratiche di socializzazione diverse in culture diverse. Il percorso che conduce il neonato a diventare un individuo adulto e maturo non è un processo scandito solo ed esclusivamente dalle mutazioni di ordine biologico ma è anche frutto della società che interviene a mettere in atto in maniera differente le potenzialità del soggetto.


Le fasi del processo di socializzazione e la formazione dell’identità di genere

Il processo di socializzazione può essere visto come una successione di fasi nelle quali il soggetto sviluppa un’identità sempre più articolata e complessa. La prima fase corrisponde all’acquisizione della capacità di riconoscere un mondo esterno e di delimitare i confini tra ciò che sta dentro di sé e ciò che sta fuori di sé ed è ovviamente determinante il ruolo della madre per la quale però il bambino non ha ancora imparato a distinguere tra la madre e le altre persone; tutto ciò che lo circonda è “madre”.

In un secondo momento il bambino distinguerà tra la madre e gli altri adulti e ad isolare le caratteristiche delle singole persone che si occupano di lui: la sua immagine del mondo sociale incomincia ad assumere le caratteristiche di un sistema di ruoli tra loro correlati all’interno del quale egli occupa una posizione particolare. Avviene poi quella che è la tipizzazione sessuale delle persone (4 anni) distinguendo così tra maschi e femmine e riconoscendo la propria appartenenza all’uno o all’altro genere. Questa identificazione viene indotta e suggerita dal trattamento differenziale che in genere viene riservato ai bambini e alle bambine in ogni società e quindi possiamo sostenere che la socializzazione differenziale contribuisce all’acquisizione dell’identità di genere.


Identità personale e ruolo sociale

Pare a questo punto piuttosto evidente che la formazione dell’identità personale corre parallela alla scoperta e all’elaborazione cognitiva del mondo sociale i cui confini si allargano per cerchi successivi (dalla famiglia, alla scuola…) e che appare sempre più differenziato e complesso. Ad ogni stadio il soggetto assume ruoli nuovi che si aggiungono e si diversificano da ruoli precedenti e così anche la sua identità diventa nello stesso tempo più differenziata e specifica. Questo processo però non si svolge in maniera lineare e ad ogni cambiamento l’individuo deve ridefinire la propria identità in relazione alla ristrutturazione della mappa cognitiva del mondo esterno. Tutti gli eventi salienti che scandiscono la vita di un individuo (esempio la nascita di un figlio) sono tutti momenti che segnano dei cambiamenti nell’identità personale. In ognuno di questi momenti il soggetto è posto di fronte alla necessità di “socializzarsi” alla nuova situazione, di definirla e strutturarla sia da un punto di vista cognitivo che emotivo. Si tratta di momenti di inevitabile crisi dell’identità personale che comportano sempre difficoltà, pericoli di regressione e richiedono un investimento notevole di energie sia da parte del soggetto che da parte delle agenzie di socializzazione.

Un individuo, al di là del primo stadio infantile, diventa col tempo un agente attivo della propria socializzazione. La società gli offre una gamma di opportunità di socializzazione che può essere più o meno ampia ed è quindi l’individuo stesso a dover gestire l’inevitabile conflitto che in una società altamente differenziata si produce tra le varie agenzie di socializzazione; è proprio questa possibilità che garantisce l’esistenza di uno spazio di libertà per il soggetto e definisce i confini delle sue facoltà di indirizzare il processo della propria socializzazione e di costruire la propria identità.