Webinar – Diritto alla vita, diritto alla morte (30/04/2020)


L’intervista

intervista di Alberto Boscolo

Lucia Galvagni lavora come ricercatrice presso il Centro per le Scienze Religiose della Fondazione Bruno Kessler. Si è laureata in Filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e si è addottorata in Bioetica presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Genova.

Dove nasce il suo interesse per la bioetica?

Ho iniziato a interessarmi di bioetica … alla fine degli studi superiori, in particolare l’estate dopo la maturità. Dovevo scegliere tra lo studio della medicina e quello della filosofia e alla fine, dopo aver superato il test di ammissione a medicina, ho deciso di iscrivermi a filosofia. Il desiderio e l’idea erano quelli di guardare alla medicina con strumenti filosofici e a partire dalla riflessione filosofica, anche a partire dalla lettura del libro di un filosofo belga, Jean-François Malherbe, che si intitolava Per un’etica della medicina. Avevo l’impressione che quel tipo di riflessione fosse molto vicina a quel che mi interessava e mi piaceva fare. E così è andata.

Tra le tre posizioni che lei ha esposto riguardo alla valutazione dell’embrione quale le sembra maggiormente sostenibile e giustificabile?

Tutte le posizioni hanno una solida base genetica e biologica e considerano le condizioni di sviluppo della vita umana, dallo stadio inziale di zigote a quello di embrione sino a quello fetale. Ogni posizione è basata su argomenti che considerano il piano biologico e di lì muove in direzione di un’interpretazione anche morale della condizione della vita. Queste diverse posizioni riflettono anche interpretazioni che sono state assunte nei diversi contesti e nei diversi paesi come posizioni valide e che sono servite per definire le leggi che si occupano di questioni inerenti all’inizio della vita.

Che cosa dovrebbe succedere (proteste, numerose morti assistite, ….) per far sì che il governo italiano decida di legiferare sulla morte assistita? Lei quando stima che saranno pronte le leggi su questa questione? Entro 50 anni?

Probabilmente non passeranno molti anni rispetto ad una presa di posizione del nostro paese sullo scenario della possibilità di chiedere un’assistenza alla morte. La sentenza della Corte costituzionale riflette una sensibilità che si è fatta e si fa strada anche nel nostro paese e che rappresenta già una prima, rilevante presa di posizione in questo senso. In questo momento l’attenzione è rivolta al fatto di mantenere un buon livello di cura e di accompagnamento di pazienti e persone che vivono una condizione di grande fragilità, perché finalità primarie della medicina e dell’assistenza restano quelle di guarire quando possibile, alleviare il dolore e le sofferenze associati a una condizione di malattia e accompagnare sempre la persona in questo tempo, fornendo cure che sono di tipo fisico, psicologico, morale e anche spirituale.

Lei ritiene che – come si sente spesso dire – la Chiesa Cattolica abbia una effettiva ingerenza negli affari che riguardano le decisioni dei governi italiani in campo bioetico?

La Chiesa cattolica rappresenta una presenza importante nel nostro paese, ed è sempre stata un interlocutore molto presente anche all’interno del dibattito politico, in forme diverse a seconda dei tempi e dei momenti storici. I politici dei diversi partiti hanno a propria volta spesso anche un’appartenenza religiosa, per questo a volte le loro posizioni sulle decisioni politiche inerenti ai temi della bioetica possono risentire della loro appartenenza e del loro orientamento morale e/o religioso. Le posizioni morali su questioni eticamente rilevanti sono però sempre e comunque molto diverse, nel senso che c’è un forte pluralismo morale anche all’interno di uno stesso contesto religioso: questo si può ritrovare ad esempio nel dibattito sull’aborto che si ebbe negli anni Settanta, in occasione della discussione della legge e in occasione del referendum fatto poi in merito.

 Lo stesso succede oggi rispetto agli scenari del fine vita: le posizioni e le interpretazioni dei teologi non sono identiche, perché i modi di guardare a queste situazioni complesse sono differenti, anche all’interno di una stessa religione. Ossia l’insegnamento ufficiale delle religioni e della Chiesa in materia di morale offre una posizione, ma il dibattito che c’è è comunque molto più articolato, all’interno della comunità religiosa e tra gli studiosi che a quella comunità appartengono. L’interpretazione di quel che è bene e di quanto è giusto viene costruita a partire da un percorso riflessivo e argomentativo e risente pertanto di modi diversi di considerare che cos’è bene, e che cosa può essere meglio, ai fini di promuovere e tutelare la vita umana e la dignità della persona.